Di Enrica Salvatori, Marco Della Croce e Danilo Francesca, tratto da Fumo di China, 28 del gennaio 1995.
L’universo dei paperi disneyani è, malgrado le apparenze, fortemente conservatore: a partire dalla sua definitiva codifica, attuata in modo geniale da Carl Barks, i ruoli, con minime variazioni, sono stati stabilmente e felicemente attribuiti. Un tale stato di cose, quasi per una sorta di strana alchimia, non solo non annoia il lettore, ma anzi finisce per attrarlo e coinvolgerlo. Sin dall’inizio, egli sa che Paperone sarà sempre il papero più ricco mondo, Gastone il più fortunato e Paperino il meno favorito dalla sorte: questa forma di inconscia “rassicurazione” sulla immutabilità del modello paperopolese contribuisce certo in larga misura all’incondizionata fedeltà di milioni di appassionati alle avventure della Famiglia dei Paperi.
Ogni tanto, qualcuno altera l’equilibrio codificato, inserendo un elemento di novità per creare temporaneamente una nuova dinamica: uno dei maestri in questo genere “trasgressivo” è sicuramente il nostro Romano Scarpa, che proprio con questa tecnica ha costruito alcune delle sue storie più riuscite. È appena il caso di citare la creazione più nota dell’artista veneziano, Brigitta, la quale ha avuto tan successo da meritare l’approvazione di Barks in persona; e che si è inserita in via definitiva nelle avventure del Clan (con l’inevitabile conseguenza di perdere il suo iniziale carattere dirompente nel momento stesso in cui riempiva uno dei pochi vuoti lasciati dall'”Uomo dei paperi”).
Ricorre quest’anno, oltre al celebratissimo sessantennale di Donald Duck, il trentennale di uno questi personaggi devianti nati dalla fantasia di Romano Scarpa, anzi il più “deviante” in assoluto, tanto da avere al suo attivo solo un’altra apparizione da quando, appunto nel 1964, fu protagonista di un’esilarante storia, Sgrizzo, il più balzano papero del mondo (in Topolino n. 465 e ristampato sul Classico di Walt Disney n. 216 del 1994) al fianco del ben più noto quarto cugino Paperino. Si tratta di un simpaticissimo e squinternato pennuto, le cui caratteristiche somatiche (pupille solo parzialmente annerite, in contrasto con quelle di tutti gli altri parenti, per tradizione completamente nere; conformazione bassa del capo; becco irregolare) evocano a prima vista “la tipica espressione del matto”, come, in una delle vignette iniziali, avverte Scarpa con uno slancio fisiognomico.
L’avventura in cui Sgrizzo Papero, nome quasi onomatopeico, coinvolge Paperino e i nipotini si svolge in un crescendo di situazioni e di gags, sostenute da un disegno gradevolissimo, sino al lieto fine in cui i cinque paperi, grazie alla ricompensa per la cattura di un falsario, dovuta proprio al balzano cugino, possono concedersi un’insperata vacanza.
Da quanto si diceva all’inizio, è evidente come l’inserimento stabile di questo character completamente folle, al cui confronto il già talvolta bizzarro Paperino figura come un modello di posata saggezza, avrebbe troppo alterato il consolidato status quo del mondo dei Paperi. Sgrizzo non venne infatti più ripresentato sino a un’isolata apparizione nella lunghissima storia delle Paperolimpiadi (Topolino 1705-1712), e a lui fu preferito Paperoga (Fethry Duck, ideato da Al Hubbard e Dick Kinney nel 1963), un personaggio nato nello stesso periodo oltroceano, che, per certi versi, proponeva caratteristiche analoghe. Il cugino inizialmente hippy, anch’egli dotato di una certa carica destabilizzante, dovette risultare più di Sgrizzo adattabile a un tranquillo inserimento nell’organico paperopolese: lo avvertì probabilmente lo stesso Scarpa, dichiarando in una intervista (riportata in “Romano Scarpa, un cartoonist italiano tra animazione e fumetti”, di L, Boschi, L. Gori, A. Sani, edito da Alessandro Distribuzioni) che “Sgrizzo è più pazzoide… Paperoga spesso è anche un po’ poeta, perché può perdersi addirittura in romanticherie… Sgrizzo… è tutto irruenza e irragionevolezza”.
Insomma, difficilmente Sgrizzo Papero troverà in futuro quella stabile collocazione che gli è stata negata in passato, il che è un vero peccato, data la potenzialità comica del personaggio. Questo non ci impedisce di sperare in qualche saltuaria riapparizione, che risulterebbe senz’altro gradita sia a chi ha conosciuto “il più balzano papero del mondo” trent’anni fa, sia a chi avrebbe così modo di incontrare per la prima volta la più trasgressiva creatura di quel grande autore che è Romano Scarpa.