Di Leonardo Gori, tratto da Capolavori Disney, n. 21 del 14/03/1994.
Proseguendo nella sua personale reinterpretazione dell’universo disneyano, nonostante continui a lavorare su sceneggiature altrui, Scarpa ci offre le prime coordinate “geografiche”, rifacendosi sempre all’aureo patrimonio della tradizione gottfredsoniana. Così, nello splash panel di inizio di Topolino e le delizie natalizie, la puntualizzazione topografica di Scarpa si spinge a rappresentare la struttura urbana della città in cui abita Topolino: un centro con grattacieli, stile Manhattan, e una periferia di casette “terra-tetto” tutte uguali, nella logica del perfetto stereotipo nord-americano. In primo piano troviamo anche il campanile di una chiesa, naturalmente priva di simboli cristiani, come avrebbe mostrato anche Carl Barks a proposito della paperopolese cattedrale di Nôtre Paper (Nôtre Duck) e come aveva già accennato in occasione di Trick or Treat; anzi, la struttura stessa del campanile rimanda proprio alla panoramica della periferia di Duckburg, dove la Strega Nocciola svolazza, a cavallo di Belzebù, spaventando i pipistrelli che vegliano sotto il tetto a punta.
Topolino e amici abitano, ovviamente, in questa amabile periferia di città, come ci avevano già rivelato tante storie di Gottfredson e collaboratori. Ma di quale città americana si tratta? La presenza del tram fa pensare ad una replica di San Francisco. Però potrebbe anche essere la periferia di Los Angeles nella parte verso Hollywood, visto l’orizzonte assolutamente pianeggiante, con colline in lontananza… Un punto fermo è che, nelle Delizie natalizie, tutti i personaggi disneyani vivono nello stesso centro urbano: siamo cioè, in un periodo precedente alla “creazione” (tutta italiana) di Topolinia, o meglio della sua distinzione da Paperopoli.
Per la prima volta, Scarpa è alle prese con Topolino e Pippo in una storia veramente “lunga”: la caratterizzazione fisica dei personaggi è ancora quella che abbiamo descritto per le “tavole di raccordo” dell’Almanacco, ma i personaggi sono molto più mobili ed espressivi; il suo Topo si avvicina sempre più a quello contemporaneo di Gottfredson. I Paperi sono quasi “definitivi”: il loro disegno non cambierà in modo significativo, fin dopo il capolavoro Paperino e i gamberi in salmì, prima sceneggiatura originale di Scarpa, e che gusteremo nel prossimo volume. Topolino e le delizie natalizie è, naturalmente, piena dei topoi classici di Martina: c’è la menzogna, la vendetta, il tradimento. Compare il tema dell’invisibilità, che ritroveremo — ampiamente sviluppato — nel classico del 1955 Topolino e il doppio segreto di Macchia Nera. Ma Scarpa, pur adattandosi coscienziosamente allo script di Martina, inserisce piccole gags certamente sue: l’insegna di un negozio recita Colonial stores (un improbabile “Coloniali” d’Oltreoceano!); sulla cassetta delle lettere di Pippo appare un significativo Goofy, mentre su un barattolo di ciliegie c’è scritto Cherry, tanto per continuare nel gioco dell'”americano in Italia”… C’è anche la prima firma “Walt Disney”, in una vignetta della ventiduesima tavola: Scarpa ricorda di aver chiesto il permesso a Gentilini, che glielo accordò dopo aver sentito gli americani. Ma è degna di nota anche la cucina di Pippo (italiana arcaica!), che contrasta godibilmente con il setting della storia. Martina è, come al solito, assai disinvolto con le caratterizzazioni dei personaggi: Minni e Paperina, soprattutto, sono due personaggi femminili della commedia all’italiana, e conservano ben poco delle loro psicologie originali. Ci penserà Scarpa a “rimettere le cose a posto”, appena avrà in mano saldamente le redini delle sceneggiature.
È la prima volta, dopo la primissima edizione sull'”Albo d’Oro”, che vediamo questa storia nella sua forma integrale: fu infatti rimaneggiata per un Albo la Rosa, purtroppo tagliando e riducendo direttamente gli originali, che fra l’altro furono esposti nel 1990, nella mostra storica Disney del Salone Internazionale dei Comics. Negli archivi Disney abbiamo trovato, invece, le pellicole originali, che risultavano miracolosamente intatte. Un autentico colpo di fortuna! Nell’ultima pagina della storia, a fianco di una poesia in rima di Guido Martina, i redattori degli Albi d’Oro inserirono la patinata di un disegno di Walt Kelly tratto da una copertina di Walt Disney’s Comics and Stories. Il disegno, tutto sommato, si adatta bene al contesto, e abbiamo ritenuto opportuno conservarlo, anche per non sbilanciare l’equilibrio della tavola. Da notare che Martina insiste ancora con gli accenni religiosi, francamente inopportuni in una storia Disney (cfr. il verso finale dell’Inferno di Topolino), che col tempo andranno progressivamente a sparire.