Di Leonardo Gori, tratto da Capolavori Disney, n. 11 del 03/05/1993.
Nel piccolo “ciclo” a fumetti di Biancaneve, I 7 nani e l’anello di betulla è senz’altro l’episodio più “scarpiano”. Come il classico di Martina La fata incatenata, l’inquietante storia pubblicata nel volume precedente, l’intento moralistico è analogo, ma l’atmosfera della vicenda è molto piu rilassata, e l’autore indulge nella caratterizzazione dei personaggi, che acquistano una profondità psicologica addirittura maggiore di quella dei characters originali del capolavoro cinematografico del 1937.
Scarpa, anzi, coglie l’occasione per creare un nuovo personaggio Zenzero, un… ottavo nano che si era allontanato in epoca imprecisata dalla casetta nel bosco per intraprendere una carriera di hobo a spasso per il mondo. Zenzero (la cui fisionomia è ricalcata su quella di Jimmy Durante) è uno dei personaggi più dolci e malinconici del Maestro di Cannaregio: i nani lo credono divenuto un nababbo, e Zenzero — ovviamente spiantato — si fa aiutare dalla Fata Fagottina (in realtà la strega, che ha assunto l’aspetto del suo fagotto di stracci) per assumere le sembianze di un ex-emigrante tornato a casa ricco e soddisfatto di sé.
L’atmosfera è subito quella di un film di Frank Capra, uno dei registi preferiti di Scarpa; L’anello di betulla, simbolo dell’avidità umana che porta alla catastrofe, è ricercato con bramosia dai nani, che in nome delle immense ricchezze che esso promette, distruggono la loro tranquillità, il loro onesto lavoro, la loro solidarietà e perfino la stessa casetta nella foresta dove hanno vissuto tante avventure.
Si tratta, naturalmente, di un perfido piano della strega cattiva, che usa Zenzero per i suoi loschi fini. C’è qualcosa anche delle tematiche barksiane, laddove il Maestro americano, in storie come Paperino e il cimiero vichingo (Donald Duck in “The Golden Helmet”, 1951), metteva i paperi a confronto con la smania di potere, anche in quel caso simboleggiata da un oggetto apparentemente innocuo.
Nonostante sia nel pieno del suo stile grafico più classico e “tondeggiante”, per sottolineare l’aspetto fiabesco della storia Scarpa tende a stilizzare gli sfondi delle vignette, su cui si staccano in modo efficace Biancaneve e i nani, disegnati invece col massimo rigore “filologico”. Questo tipo di stilizzazione tornerà, qualche anno dopo, in Biancaneve e la Pasqua nei bosco (1962), un altro delicato, piccolo capolavoro dello Scarpa “favolista”, e stavolta per preludere ad un vero cambiamento di stile grafico del capo-scuola veneziano.